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Approfondimenti

10 Giu 2025 - Approfondimenti

La Bolar Clause nei brevetti farmaceutici: un equilibrio tra innovazione e interesse pubblico

Nel campo della proprietà industriale, la Bolar Clause rappresenta una deroga fondamentale al diritto esclusivo conferito dal brevetto, soprattutto in ambito farmaceutico. La sua funzione è quella di bilanciare il diritto del titolare del brevetto a godere in via esclusiva dell’invenzione per un periodo determinato, con l’interesse pubblico a garantire l’accesso tempestivo a farmaci equivalenti (i cosiddetti generici) non appena scada la protezione brevettuale.

Cosa prevede la Bolar Clause

La Bolar Clause prende il nome da una causa statunitense del 1984 (Roche Products Inc. v. Bolar Pharmaceutical Co.), che ha acceso il dibattito sulla possibilità per un’azienda farmaceutica di iniziare a sperimentare un farmaco generico prima della scadenza del brevetto del prodotto di riferimento. In Europa, la clausola è stata recepita con l’art. 10, comma 6, della Direttiva 2001/83/CE, e successivamente trasposta nell’ordinamento italiano dall’art. 68, comma 1, lettera b) del Codice della Proprietà Industriale (CPI).

La norma stabilisce che non costituisce violazione del brevetto l’utilizzo dell’invenzione brevettata da parte di terzi ai fini dell’espletamento delle prove e degli studi necessari per l’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali, anche generici. In sostanza, consente alle aziende concorrenti di avviare in anticipo le attività preparatorie (test clinici, sviluppo industriale, produzione di campioni) per immettere tempestivamente sul mercato il generico alla scadenza del brevetto, evitando ritardi ingiustificati nella disponibilità terapeutica e nella concorrenza.

Il bilanciamento degli interessi: innovazione e salute pubblica

Il cuore della Bolar Clause risiede in un equilibrio giuridico ed economico complesso, che mette in relazione due interessi contrapposti ma entrambi legittimi e meritevoli di tutela: l’interesse privato del titolare del brevetto e l’interesse pubblico alla tutela della salute e alla libera concorrenza nel mercato dei farmaci.

Da un lato, il brevetto tutela l’innovazione, concedendo al titolare un’esclusiva temporanea sull’invenzione in cambio della sua divulgazione. Questo meccanismo è essenziale per incentivare gli ingenti investimenti in ricerca e sviluppo nel settore farmaceutico, spesso caratterizzati da tempi lunghi, elevato rischio di insuccesso e costi elevati.

Dall’altro lato, tuttavia, la tutela brevettuale non può tradursi in una forma di rendita perpetua che ritardi l’ingresso dei generici anche oltre la scadenza del brevetto. Se le aziende concorrenti fossero costrette ad attendere la fine della protezione brevettuale per iniziare a predisporre i dossier autorizzativi, l’effetto concreto sarebbe un prolungamento di fatto del monopolio legale, a discapito dei sistemi sanitari pubblici e dell’accesso tempestivo ai farmaci a costo ridotto.

È qui che interviene la Bolar Clause: essa non limita il diritto esclusivo, ma ne regola la transizione, consentendo attività preparatorie strettamente funzionali all’ingresso del prodotto generico sul mercato. La sua funzione è quindi di riequilibrio, garantendo che il diritto di esclusiva non sfoci in un ostacolo alla libera concorrenza e alla sostenibilità del sistema sanitario, soprattutto in contesti in cui l’accesso al farmaco può incidere su diritti fondamentali come quello alla salute.

Questo equilibrio si riflette anche nella giurisprudenza, che ha progressivamente interpretato la clausola in chiave teleologica, privilegiando una lettura funzionale alla finalità sottesa: evitare ritardi postumi nell’immissione dei generici, senza pregiudicare la sostanza della tutela brevettuale.

La sentenza n. 18372/2024

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18372 del 5 luglio 2024, ha offerto un importante chiarimento interpretativo. In particolare, ha stabilito che rientrano nell’ambito di applicazione della Bolar Clause non solo le attività sperimentali strettamente cliniche, ma anche quelle tecnico-produttive, come la produzione su scala pilota e la predisposizione del dossier regolatorio per l’AIFA o per l’EMA.

La Corte ha ribadito che tali attività sono strumentali e necessarie per l’ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio, e quindi coerenti con la finalità legittimata dall’art. 68 CPI. Un’interpretazione restrittiva della clausola, che escludesse queste fasi dalla deroga, avrebbe l’effetto di estendere indebitamente la protezione brevettuale al di là della sua naturale scadenza, in contrasto con i principi comunitari.

La Bolar Clause si conferma quindi come uno strumento essenziale di equilibrio normativo tra tutela della proprietà industriale e diritto alla salute. La sentenza n. 18372/2024 rappresenta un tassello giurisprudenziale importante, nella misura in cui chiarisce l’estensione delle attività legittimate dalla clausola, valorizzando un’interpretazione funzionale e aderente agli interessi pubblici sottesi alla normativa.

In un settore ad alta intensità innovativa e con forti implicazioni sociali come quello farmaceutico, è fondamentale che il diritto dei brevetti non si trasformi in una barriera all’accesso, ma resti uno strumento dinamico di promozione dell’innovazione e della diffusione del progresso scientifico, in un contesto di equilibrio tra incentivi privati e bisogni collettivi.

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