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Approfondimenti

10 Ott 2025 - Approfondimenti

Il principe e lo zainetto: la battaglia tra il principe Harry e Invicta per il nome “Invictus”

Nel 2013, durante una visita negli Stati Uniti, il principe Harry assistette ai Warrior Games, una competizione sportiva dedicata a veterani e militari feriti. L’esperienza lo colpì profondamente: ne nacque l’idea di creare un evento simile, ma con una portata internazionale. Da lì prese forma, l’anno successivo, la Invictus Games Foundation, un’organizzazione benefica volta a sostenere e promuovere le future edizioni dei giochi, che esordirono ufficialmente nel 2014 a Londra.

Con il successo crescente, la visione della fondazione non si limitò solo alla manifestazione sportiva: si pensò anche ad associare un marchio forte, in grado di identificare gadget, abbigliamento e articoli promozionali legati al brand “Invictus”.

Il deposito del marchio

Il 9 febbraio 2022, la Invictus Games Foundation depositò la domanda di registrazione del marchio “Invictus” sia nell’Unione Europea che nel Regno Unito. Il segno doveva contraddistinguere, tra le altre cose, prodotti come t-shirt, cappellini e articoli promozionali, collegati alla missione benefica della fondazione.

Ma la registrazione si scontrò con un ostacolo inatteso: l’azienda italiana Invicta, storica produttrice di zaini e accessori, decise di opporsi formalmente. A suo avviso, “Invictus” era troppo simile a “Invicta” – due parole che, nella radice latina, condividono lo stesso significato (“invincibile”) e la stessa sonorità. L’uso del nuovo marchio, sosteneva la società, avrebbe potuto confondere i consumatori, specialmente nel settore dell’abbigliamento e degli accessori.

Il confronto

Durante il procedimento davanti all’ufficio competente, la fondazione non si limitò a invocare la notorietà dell’evento Invictus: intervenne in prima persona anche il principe Harry, tramite testimonianza. Il principe volle, infatti, difendere personalmente la propria fondazione, testimoniando come il termine “Invictus” porti con sé un significato elevato di regalità e forza, valori che si collegavano sia alla sua figura pubblica, sia allo spirito dei veterani che gli Invictus Games intendevano celebrare.

La difesa italiana, tuttavia, rimase ferma: “Invicta” e “Invictus”, sostennero i rappresentanti, sono varianti della stessa radice latina e un marchio così simile avrebbe potuto generare ambiguità nel pubblico, tradizionalmente abituato ad associare la parola Invicta al brand italiano.

Il verdetto

Alla fine, l’ufficio britannico accolse le argomentazioni della società italiana, riconoscendo che il rischio di confusione fosse reale. La fondazione non ottenne dunque la registrazione del marchio “Invictus” per le categorie relative a gadget e abbigliamento, e fu per di più condannata al pagamento delle spese legali, pari a circa 1.600 sterline.

Dello stesso avviso l’Ufficio marchi UE che rigettò la domanda di marchio dell’Unione Europea “INVICTUS” No. 018065760 per abbigliamento, scarpe e cappelleria.

Queste decisioni hanno rappresentato una battuta d’arresto per il principe Harry e per la sua fondazione, ma anche un monito sul valore dei marchi storici e sull’importanza della tutela della proprietà intellettuale. La vicenda dimostra come, anche quando un nome nasce da un progetto nobile e da un intento benefico, deve comunque confrontarsi con le regole del mercato e con i diritti preesistenti di chi quel nome — o qualcosa di molto simile — lo ha già reso parte della propria storia.

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