Si può brevettare un’app per dispositivi mobili?
Cosa è una app?
Una app per dispositivi mobili è un software, del tutto simile come struttura informatica ad una generica applicazione. Ciò che la differenzia è una drastica semplificazione delle funzionalità e dell’interfaccia grafica, al fine di ottenere leggerezza, essenzialità e velocità, in linea con le limitate risorse hardware dei dispositivi mobili rispetto ai desktop computer.
Quando una app è brevettabile?
In Europa, piuttosto che di software, si preferisce parlare di “Computer-implemented invention”, per limitare il campo a solo quei software che hanno un carattere tecnico. Le computer-implemented inventions sono invenzioni la cui implementazione coinvolge l’uso di un computer, una rete di computer o altri apparati programmabili, e che sono realizzate interamente o in parte per mezzo di un programma per computer.
Per essere brevettabili, le computer-implemented inventions devono quindi innanzitutto avere un carattere tecnico, e poi soddisfare agli altri requisiti di brevettabilità ossia essere nuove e prevedere un’attività inventiva.
I software per computer in quanto tali, pertanto, non sono brevettabili, come non lo sono i metodi di business implementati mediante software che non hanno un contributo tecnico.
Per essere brevettabile, l’oggetto per il quale si richiede protezione deve quindi avere un “carattere tecnico” o, per essere più precisi, deve coinvolgere un “insegnamento tecnico”, cioè un’istruzione indirizzata a una persona esperta su come risolvere un particolare problema tecnico (piuttosto che, per esempio, un problema puramente finanziario, commerciale o matematico) con particolari mezzi tecnici.
Parlando di software in generale, un effetto tecnico può essere ad esempio ridurre il consumo elettrico di un dispositivo, un’operazione più sicura dei freni di un veicolo, una comunicazione più veloce tra due dispositivi mobili, una qualità migliore della voce trasmessa, il controllo di un braccio robotico, il controllo della memorizzazione di dati in diverse unità di memoria.
Se l’app (o il software in generale) è relativa ad un puro metodo di business, come ad esempio un sito di aste, e non apporta alcun contributo tecnico se non quello di utilizzare computer e reti di computer tradizionali, questa non è brevettabile (T 258/03 “Hitachi”).
Negli USA i requisiti di brevettabilità del software sono stati tradizionalmente molto più permissivi rispetto all’Europa, in quanto non è richiesto un carattere tecnico all’invenzione rivendicata, ma è sufficiente che il software riguardi un metodo o processo per produrre un risultato utile, concreto e tangibile.
La normativa USA sui brevetti non fa esplicito riferimento al software, e una serie di sentenze hanno cercato di chiarificare i confini tra materia brevettabile e non brevettabile per numerose nuove tecnologie tra cui il software.
Le prime decisioni hanno portato alla definizione di un test di brevettabilità, detto “machine-or-transformation test”, secondo il quale una rivendicazione è considerata brevettabile se è implementata da una particolare macchina in un modo non convenzionale o non ovvio o se trasforma un articolo da uno stato ad un altro.
Questo concetto è stato utilizzato e chiarito dalla sentenza In re Bilski, del 2008, secondo cui un brevetto non può essere concesso per una idea astratta, come nel caso in questione in cui un metodo di business è utilizzato per offrire contratti di fornitura energetica a costo fisso.
La brevettabilità del software è stata notevolmente ridimensionata a causa di una successiva sentenza: In re Alice Corp. Tale sentenza ha definito che il mero requisito di una generica attuazione mediante computer non può trasformare un’idea astratta in un’invenzione brevettabile. Sebbene non sia stata formulata una esplicita esclusione dalla brevettabilità per i software relativi a business methods, la sentenza Alice ha generato il successivo rigetto di numerosi brevetti relativi a questo argomento.
Copyright
È possibile proteggere il software con il copyright. A tale scopo è importante indicare, da qualche parte visibile all’utente nell’interfaccia grafica, la dicitura “© nome società – All rights reserved – data prima compilazione del software – data ultima compilazione”.
Ciò indica chiaramente che i diritti di copyright sul software sono dell’autore. Tali diritti si generano automaticamente con la creazione dell’opera, e non a seguito di un deposito come per il brevetto.
Il copyright si applica sul codice, ed è quindi una protezione piuttosto blanda, perché non copre le funzionalità del software ma la sua specifica formulazione. Questo significa che un software dalle identiche funzionalità ma riscritto completamente da capo, può non rientrare nella protezione del copyright.
Per stabilire una data certa, dalla quale far valere il diritto di copyright, è possibile depositare il software alla SIAE o presso un ente estero equivalente. Il deposito ha senso soprattutto in un’ottica negoziale, dal momento che permette di identificare chiaramente il copyright.
Marchio
Può essere vantaggioso dare alla propria app un nome accattivante per renderla immediatamente riconoscibile sul mercato, ad esempio sugli app store. Il successo di molte app largamente diffuse ai giorni nostri, infatti, risiede non tanto nelle funzionalità tecniche, che molto spesso sono replicate o addirittura migliorate da prodotti concorrenti, quanto nel nome che ha garantito notorietà alla app e che continua ad attirare nuovi clienti. Tale nome può essere protetto mediante marchio. La registrazione di un marchio concede al titolare il diritto esclusivo di usare il marchio o di concederlo in licenza a terzi su tutto il territorio scelto per la protezione in relazione ai prodotti e servizi rivendicati.